Musicameron n.5

Primo giorno in cui tutti siamo davvero a casa e inevitabilmente ci pestiamo un po’ i piedi, dovendo occupare ogni tavolo e superficie disponibile per lavorare o studiare. Ma tutto sommato l’atmosfera è serena.

Più tardi insieme alle ragazze suoniamo qualcosa per il flashmob (mi raccomando musicisti, alle 18 imbracciate lo strumento alla finestra e regaliamo qualche nota ai nostri vicini… non importa se sono un concertista o so suonare soltanto Fra Martino, mai come in questo caso l’importante è partecipare!).

Pensando a cosa fare tutte insieme è saltato fuori “Scjaraciule Maraciule” ed è appunto questo il brano del Musicameron di oggi. Cosa c’entra con il tema della settimana? Di certo non è un brano “placido” e rassicurante, anche solo a sentirne le note. Inoltre, a quanto pare ha radici antiche e misteriose, che affondano la loro origine nei riti propiziatori legati alla pioggia nelle pianure friulane (potete scoprirne di più in questo articolo). Noi la conosciamo per la trascrizione fatta da Giorgio Mainerio nel 1578 e contenuta nel volume Il primo libro de’ balli accomodati per cantar et sonar d’ogni sorta de instromenti (fino al ‘700 era abbastanza normale pubblicare delle opere musicali senza indicazioni precise riguardo agli organici strumentali, così che ogni gruppo di musicisti poteva adattarli a seconda degli strumenti a disposizione).

Il brano è stato fatto, rifatto, riarrangiato, riadattato, cantato con testi diversi da innumerevoli musicisti, tra cui Angelo Branduardi.

GIORNO 5: Giorgio Manierio, Mitili Flk – Scjaraçiule maraçiule

 

Poesie della domenica

Il vento mi dà pace e la fontana
rumorosa l’oblio. E intanto penso
ricominciare. E sosto in questa piazza
ove il popolo sosta a me dintorno.

Sandro Penna, da “Croce e delizia” (1927-57)

Come, come, whoever you are.
Wanderer, worshipper, lover of leaving — it doesn’t matter,
Ours is not a caravan of despair.
Come, even if you have broken your vow a hundred times,
Come, come again, come.

Jalal al-Din Muhammad Rumi

IL REGNO DELLE DONNE

Cè un regno tutto tuo
che abito la notte
e le donne che stanno lì con te
son tante, amica mia,
sono enigmi di dolore
che noi uomini non scioglieremo mai.
Come bruciano le lacrime
come sembrano infinite
nessuno vede le ferite
che portate dentro voi.
Nella pioggia di Dio
qualche volta si annega
ma si puliscono i ricordi
prima che sia troppo tardi.

Guarda il sole quando scende
ed accende d’oro e porpora il mare
lo splendore è in voi
non svanisce mai
perché sapete che può ritornare il sole.
E se passa il temporale
siete giunchi ed il vento vi piega
ancor più forti voi delle querce e poi
anche il male non può farvi del male.

Una stampella d’oro
per arrivare al cielo
le donne inseguono l’amore.
Qualche volta, amica mia,
ti sembra quasi di volare
ma gli uomini non sono angeli.
Voi piangete al loro posto
per questo vi hanno scelto
e nascondete il volto
perché il dolore splende.
Un mistero che mai
riusciremo a capire
se nella vita ci si perde
non finirà la musica.

Guarda il sole quando scende
ed accende d’oro e porpora il mare
lo splendore è in voi
non svanisce mai
perché sapete che può ritornare il sole
dopo il buio ancora il sole.
E se passa il temporale
siete prime a ritrovare la voce
sempre regine voi
luce e inferno e poi
anche il male non può farvi del male.

Alda Merini (Poesia donata per la fondazione Doppia difesa)