Muri e ponti (Musicameron 22 – 23 – 24)

Ironia della storia: il 9 novembre 2019 abbiamo ricordato i 30 anni dalla Caduta del Muro di Berlino. Adesso, appena cinque mesi dopo, le quattro mura di casa nostra sono diventate la protezione migliore contro il virus, e spopola l’hashtag #distantimauniti.

Eppure abbiamo esaltato a lungo il fatto di abbattere i muri come condizione imprescindibile per la costruzione e il mantenimento della pace e della cooperazione tra popoli. Purtroppo questa parola in tempi di crisi non è sempre stata compresa e messa in pratica, alle volte ha prevalso (e ahimè continuerà a prevalere) la logica del “prima noi” a discapito degli altri… eppure abbiamo assistito a gesti splendidi di altruismo e solidarietà anche fra Stati, donazioni di materiale, invio di staff medici (perfino da Cuba e Albania, che nell’immaginario collettivo non sono esattamente nazioni “ricche”, eppure ci hanno aiutati). Ecco, le mie scelte di questi giorni vorrebbero essere un augurio di speranza: che anche nella assoluta difficoltà di questi tempi sappiamo trovare il coraggio e la forza di non chiuderci e non rifiutare le richieste di aiuto (fosse anche solo il vicino anziano che ha bisogno di avere la spesa a casa). Restiamo umani. E diventiamolo anche nelle piccole cose, perché “chi è fedele nel poco sarà fedele anche nel molto” (Vangelo Lc, cap. 16 v. 10)

GIORNO 21: Bon Jovi – Walls

Il prossimo brano è un perfetto esempio di cosa sia l’orchestrazione e di come ogni piccolo contributo si dia alla musica sia fondamentale. Si costruisce su appena due melodie, con caratteri diversi, e parte semplicemente con un ritmo di percussione e un accompagnamento pianissimo di archi in pizzicato, per crescere e arricchirsi man mano fino ad esplodere in un fortissimo di tutta l’orchestra. Pensate, il percussionista ripete la stessa cellula ritmica per qualcosa come 300 volte fino alla fine del brano, ed è la base su cui viene costruito tutto il pezzo. Guai a sbagliare o avere incertezze. Ed è quello che conta anche nella vita no? Per quanto piccolo sia il nostro compito o apparentemente semplice, se è fatto bene permette a tutti gli altri di andare avanti e creare cose meravigliose.

Il brano era stato scritto per la ballerina Ida Rubinstein nel 1928, ma la coreografia che vi segnalo è quella creata da Maurice Bejàrt nel 1961 per  i Ballet du XXème siècle, qui nell’interpretazione di Jorge Donn (ma ci sono meravigliose versioni di stelle del balletto come Luciana Savignano e Sylvie Guillem).

GIORNO 22: Maurice Ravel – Boléro

L’ultima è una concessione a questi bellissimi giorni di primavera, una canzone che amo molto sia per l’energia e la carica che trasmette sia per alcuni cari ricordi a cui è legata. Per me è sempre stata la canzone del “viaggio”, del primo giorno di un viaggio, il momento della partenza da casa, carichi di entusiasmo e aspettative. La ascoltavo fin da bambina, su una cassetta ormai logora ma amatissima, e mi sono sorpresa molto quando ho scoperto che era la versione vocal jazz di un brano brasiliano dal sound strepitoso scritto da Djavan. Ma la mia versione preferita resta quella dei Manhattan Transfer dell’album “Brasil”, anche se il testo non significa niente (leggere per credere!), anche se è meno brasileira dell’originale.

Ecco, la musica può essere davvero ponte e piazza, un filo rosso o multicolore che abbraccia, unisce, lega, anche mondi, persone e visioni diverse della vita. Ed è questa la musica che mi piace di più, non chiusa in una stanza buia, ma aperta e rivolta al mondo.

E con questo, buona domenica a tutti!

GIORNO 24: Djavan & Manhattan Transfer – Soul food to go (Sina)

Il mondo insieme (Musicameron 20 e 21)

Viviamo in un momento di paradossi, dove per farcela insieme dobbiamo stare da soli, dove insieme sta diventando una parola che fa paura (si esce da soli, si lavora e si studia da soli, fino a morire da soli) eppure mai come ora siamo connessi sempre e potenzialmente con tutto il mondo.

E ci viene una gran voglia di mettere il naso fuori, di uscire, di camminare, di respirare aria diversa. Tanti hanno fatto del sarcasmo sul numero di persone che usciva a fare una passeggiata o una corsa (“ecco, un popolo di santi, navigatori, poeti e podisti!”), chissà se le stesse persone che stanno chiuse in 40 o 60 mq senza balcone adesso farebbero ancora certi commenti acidi… Ma non volevo parlare di questo.

In questi giorni abbiamo voglia di andare avanti, trovare nuovi modi per ricominciare. Forse non esattamente come prima, ma questa vita reclusa non è vita. Per nessuno. Perciò pensiamo al futuro, a come potremmo tornare a uscire e a vivere, anche in modo diverso da prima, ricordiamoci quello che abbiamo capito in questi giorni, quello che ci è sembrato davvero importante, le persone a cui abbiamo pensato e che abbiamo chiamato. Magari ne usciremo come persone migliori, perché avremo visto e capito cose che prima ci sfuggivano… come quando incontri una persona che ti cambia la vita.

GIORNO 20: Max Pezzali/ 883 –Il mondo insieme a te

Oppure quando torni da un viaggio e vedi tutto in maniera diversa, anche se mentre eri via non è cambiato nulla, sei tu a guardare con occhi diversi. Come accade agli Hobbit che tornano alla Contea dopo aver vagato per la Terra di Mezzo e aver guardato il Male negli occhi. A Hobbiton tutto sembra essere uguale, ma per chi torna tutto in realtà è diverso. In un certo senso è quello che succede ascoltando diversi arrangiamenti di brani conosciuti: sono quelle musiche ma sono allo stesso tempo completamente diverse, perché filtrate dalla sensibilità di chi le ha trascritte e di chi le suona. Che in fondo è il bello della musica: ma gli stessi suoni escono allo stesso modo e dicono le stesse cose, perché noi stessi musicisti ogni giorno ed ogni ora siamo diversi.

GIORNO 21: Howard Shore/ Silverwood Quartet – Lord of the Rings Suite

Insieme (Musicameron 19)

Sentiamo dire dalle auto della Protezione Civile, dalla tv, dal web, da ogni canale di comunicazione, che l’unico modo per uscire da questa situazione è lavorare insieme. Cioè rispettare le regole, fare attenzione, pensare all’altro che viene dopo di noi in negozio, fare una donazione anche se piccola. Gesti minimi, ma che messi insieme fanno davvero la differenza e – speriamo – ci possono permettere di superare questa rivoluzione nel miglior modo possibile.

Perciò non è stato difficile trovare il tema per la 4° settimana di Musicameron. INSIEME. Che è un tema che si adatta meravigliosamente alla musica.

Pensiamoci: anche i cantanti solisti quando salgono su un palco hanno uno stuolo di persone che permettono loro di esibirsi, dalla band che li accompagna, al dj, ai tecnici fino all’ultimo dei lavoranti. Senza di loro, niente concerto. La musica per strumento solo può essere meravigliosa, ma chi suona lo sa: suonare insieme a qualcuno è sì più difficile (perché ci costringe ad ascoltare l’altro, a sintonizzare i nostri respiri e i nostri movimenti, a trovare un punto di incontro tra le nostre idee musicali a volte opposte) però quando l’alchimia funziona ci permette di creare della pura bellezza.

Perciò via libera a collaborazioni, cover, versioni diverse di brani conosciuti, mashup, qualsiasi forma di collaborazione che ci sembri interessante e musicalmente ben riuscita.

GIORNO 19: Pietro Domenico Paradisi – Toccata in La maggiore (Athanor Guitar Quartet)

La storia di questo brano è piuttosto interessante. Pochi conoscono questo compositore del Settecento, nato a Napoli ma attivo a Londra e poi a Venezia. Ha scritto qualche opera teatrale, ma la sua produzione è soprattutto clavicembalistica. Il motivo per cui lo ricordiamo è un po’ uno scherzo del destino: la Toccata della Sonata VI è stata scelta dalla RAI per l‘Intervallo, un filmato (all’inizio greggi di pecore, poi paesaggi) che serviva a riempire lo spazio tra le trasmissioni oppure in caso di problemi al satellite o interruzioni improvvise nelle dirette. L’originale è per clavicembalo, ma tutti lo hanno in mente nella versione per archi e arpa solista realizzata dall’Orchestra della Radio Vaticana. In pratica è un perfetto esempio di come un brano possa arrivare al successo tramite diverse trasformazioni e grazie alla collaborazione di persone anche appartenenti ad epoche diverse!

Il coraggio di sperimentare (Musicameron n.11-12)

Settimana di sperimentazioni, prima fra tutte la didattica online! Nonostante la mia innata ritrosia davanti alle macchine fotografiche e da presa, mi sono messa in gioco e devo dire che è stato interessante, stimolante, un bel bagno di umiltà in certi casi.

Sono certa, come molti di voi, che la didattica online non può sostituire la tradizionale lezione in presenza. Può essere di supporto allo studio, può essere un ottimo surrogato, ma guardare le persone negli occhi, sentire la loro voce, respirare e muoversi insieme è insostituibile. Soprattutto per chi insegna materie pratiche e di relazione come la musica.

Però è una bella sfida. Ti costringe ad ascoltare di più, ad aspettare, a trovare modi diversi di spiegarti, a costruire autonomia negli allievi, soprattutto nei più piccoli. Ogni momento mi chiedo: di là mi capiscono? Mi vedono? Riesco ad esprimere quello che penso? Come faccio a correggere in maniera efficace? E mille altre domande.

Sono contenta che questa situazione riveli anche i suoi lati positivi. E cerco di pensare a chi, soprattutto nella storia della musica e dell’arte, ha fatto della sperimentazione un suo tratto distintivo. Gli esempi sarebbero migliaia, ne ho scelti due.

Il genere musicale del primo è arduo da definire: come puoi incasellare nella “musica classica” un compositore che ha rotto totalmente gli schemi di quello stile, dando eguale importanza a tutti i semitoni della scala? Per capirci, la scala musicale di do maggiore normalmente ha sette note, do re mi fa sol la si do alto; lui ha preso anche le note dei tasti neri, i diesis – NON hashtag! – e ha considerato tutti questi dodici suoni sullo stesso piano, quindi:

do do# re re# mi fa fa# sol sol# la la# si do

Non solo! Ha praticamente demolito tutto l’apparato di regole della grammatica e sintassi musicale, cioè il modo in cui si accostano gli accordi e i suoni per creare musica, inventando uno stile completamente nuovo, la musica dodecafonica (da “dodici suoni” appunto).

Qual è l’effetto si sente bene qui: Arnold Schönberg – Premonizioni da Cinque pezzi per orchestra op.16 (GIORNO 11)

Oggi sembra un brano da una colonna sonora, ma all’epoca (1909) questa musica aveva una carica talmente rivoluzionaria che alla prima dell’opera Kammersymphonie n.9 il pubblico si prese letteralmente a sedie in testa, tra chi considerava l’autore un pazzo da legare e chi un genio.

Altro brano che secondo me è un monumento alla bellezza di osare e andare al di là degli schemi. Nel film omonimo la storia viene raccontata sicuramente meglio di come lo farei io qui, ad ogni modo quel brano ha segnato una svolta: musica rock e grandezza dell’opera? Cori? Sei minuti – dico – SEI minuti di pezzo? Li hanno presi per pazzi e quasi scaricati. E dopo 45 anni li stiamo ancora ad ascoltare…

GIORNO 12: Queen – Bohemian Rhapsody

MUSICAMERON n. 1-2-3

Ci è voluta una pandemia per farmi tornare ad usare questo blog. Ma in ogni cosa puoi trovare un lato buono e magari è l’occasione giusta per ridare nuova vita a questo spazio.

Perciò eccomi qua: MUSICAMERON è il titolo del compito che ho assegnato alle mie quattro classi di educazione musicale della scuola secondaria di primo grado. Si tratta di una challenge musicale legata in qualche modo a quello che stiamo vivendo.

Passo indietro: questa storia della didattica online ci ha preso tutti alla sprovvista. Che fai? Cosa chiedi di fare? Quanto e come? Come fai ad avere un feedback? Così, a forza di rimuginare e cercare idee qua e là, ho visto un intervento di Enrico Galiano, che ha proposto ai suoi studenti la costruzione di un Decameron di classe con storie raccontate via audio e poi assemblate insieme. Fantastico! Ed ecco la genesi di #musicameron

Ogni settimana lancio un tema e giorno per giorno scelgo una canzone e motivo il perché della mia scelta, così alla fine della settimana ho una piccola playlist dedicata al tema della settimana. Devo scegliere brani di generi diversi e almeno tre musicisti diversi a settimana (perché il monocromo non ci piace, no!). Assemblando tutte le canzoni scelte da studenti e studentesse, questa playlist diventa MOLTO grande e – si spera! – godibile per tutti.

TEMA DELLA SETTIMANA: TENSIONE

GIORNO 1: Queen & David Bowie – Under pressure

L’ho scelta perché il testo mi ha ricordato la missione di questi giorni: l’amore e il rispetto per le altre persone ci impongono scelte diverse, per il bene di tutti. E poi, in effetti siamo un po’ “under pressure” (ma non “on streets”!)

Can we give ourselves one more chance?/ Cause love’s such an old fashioned word/ And love dares you to care/ for the people/ on the edge of the night/ And love dares to change/ our way of caring about ourselves

GIORNO 2: Nikolay Rimsky – Korsakov – Il volo del calabrone

Ieri ero davvero irrequieta, come una mosca che sbatte contro il vetro…

GIORNO 3: Claude Debussy – Menuet dalla Suite Bergamasque

Oggi è una bella giornata e la tentazione di prendere la bicicletta e fare un bel giro è forte… ma non si può uscire, perciò resto a casa a giocare con i gatti…

Ci vediamo domani con il brano del giorno!

 

 

Sulle ali del mandolino

Con grande soddisfazione vi segnalo questo concerto del Quartetto Ad Libitum (di cui faccio parte) che si terrà nella meravigliosa cornice del Castello di Villalta (Fagagna, UD) giovedì 7 GIUGNO alle 20.45

Maggiori informazioni qui Les Vilanes – Sulle Ali del mandolino

Noi del quartetto ringraziamo Elena Tsareva per il bellissimo articolo e le foto!!

La magia del ritmo

Non è esattamente un argomento adatto alla stagione estiva del cervelloedgar wilòl, ma dopo aver letto le dichiarazioni di una certa persona abbondantemente capelluta mi sono tornate alla mente le lezioni del corso di pedagogia Willems e le infinite discussioni filosofiche che in quelle ore si sviluppavano (forse era solo dovuto alla mancanza di zuccheri in attesa del pranzo, ma ad ogni modo ne venivano fuori delle belle).

La domanda più banale e bastarda era appunto la seguente: cos’è il ritmo? So che state ancora sorbendo il caffè e l’unico ritmo cui pensate è quello dello stomaco, ma su, cerchiamo di darci un tono intellettuale pur con la tazzina in mano.

Edgar Willems lo definisce un “elemento premusicale” perché è solo dalla combinazione di questo con i suoni che può nascere una melodia e quindi il fenomeno musicale… ma in concreto, se dovessimo spiegare a parole cos’è il ritmo, saremmo in difficoltà.

Perché il ritmo è birichino e sfugge alle catalogazioni. Non è battere le mani con la musica e neanche camminarci sopra (quello è seguire le pulsazioni, o il tempo musicale), non è neanche detto che sia il ritmo delle note di una canzone o melodia, perché perfino il piccione che adesso gironzola sul mio davanzale lo fa a ritmo, un ritmo libero, senza schemi, imprevedibile ma pur sempre ritmo. C’è il ritmo del cuore, che varia a seconda delle nostre attività, ci sono moltissimi ritmi inudibili che comunque esistono e entrano di diritto in questo magma. E intendiamoci, un ritmo lento è pur sempre ritmo, non si può certo dire che una ninnananna di ritmo non ne abbia (al contrario, è proprio la regolarità  ritmica che porta ad assopirsi!!).

E allora?

Forse possiamo prendere per buona l’idea che il ritmo (sonoro in particolare) è derivato dal movimento, dall’energia che viene applicata a qualcosa – il nostro camminare, il cuore, uno strumento musicale, i suoni della voce e così via. Ne possiamo mettere tanta (e diventa un flusso frenetico e coinvolgente), abbastanza o poca, a seconda delle nostre sensazioni, ma sempre di energia si parla.

Pensare che l’unico ritmo degno di questo nome sia quello che ci fa saltare come cavallette ad un concerto di Jovanotti (visto che è stato chiamato in causa dal capellone, con tutta la stima per quello che ha fatto e farà Lorenzo come cantante e musicista) insomma è riduttivo e fuorviante. Forse lo pensiamo perché viviamo in una società che ha fatto della velocità il suo idolo, che ritiene che una musica non abbia ritmo se non ci si può ballare sopra, se non si battono le mani, se non ci si scatena insomma in un baccanale.

Intendiamoci, sono la prima a vivere spesso male i concerti di musica classica, perché per educazione e abitudine avrei l’impulso di mettermi a ballare, qualsiasi musica vada ad ascoltare. Però ci vuole equilibrio. Come è meravigliosamente liberatorio lasciarsi andare ai ritmi dell’elettronica o della dance, quasi fossimo tutti una versione profana dei dervisci rotanti, tanto è necessario avere degli spazi di rilassamento, di decompressione, di esaltazione intellettuale o spirituale e soprattutto di silenzio, nel corso delle nostre giornate. E’ un po’ quello che tenta di far capire (in maniera spassosa) nel film “Quasi Amici” il protagonista Philippe Pozzo di Borgo al suo badante Driss

Non sortisce molti effetti, a dire il vero, come accade quasi sempre ai musicisti classici che tentano di far capire ai loro amici e conoscenti quanto sia bello quello che loro fanno ogni giorno (sarà istinto di sopravvivenza? mah!). Però qualche seme lo getta. E se giustamente la “musica della vita” di Driss resterà quella degli Earth Wind &Fire, non per questo sarà preso dalle convulsioni all’ascolto di un brano di… beh, facciamo di Beethoven, ad esempio.

Mi piacerebbe, da musicista e insegnante, e anche da zia, che anche noi adulti avessimo la libertà mentale che hanno i bambini nei confronti dell’arte: è vero che il livello di ascolto consapevole non sempre è eccelso (ma quando siamo bombardati di suoni di ogni tipo in ogni momento della nostra vita necessariamente attiviamo dei meccanismi di autodifesa, ossia chiudiamo le orecchie), ma, se non guastati dai preconcetti che gli adulti inculcano loro, i bambini riescono a godere di moltissime cose che molti adulti riterrebbero noiose o cervellotiche. Si muovono con lo stesso piacere sulle canzoni di Danza Kuduro e Bizet (provare per credere!), sviluppando pian piano gusti personali senza troppi condizionamenti teorici. E non è cosa da poco.